mercoledì 20 aprile 2011

Il tesoro dell'isola non fu trovato...

C’è una bella storia che il blog di Topipittori ha pubblicato qualche giorno fa. Un padre, per invogliare alla lettura un recalcitrante figlio ventenne ha proposto un 'patto scellerato': 50 euro in cambio della lettura del Giovane Holden. Il giovane ha cominciato l’impresa ma non è andato oltre la pagina dieci. Morale consolante comunque: per molti motivi si può leggere il Giovane Holden ma cinquanta euro, una insignificante’marchetta’, non rientrano tra questi motivi. Il padre, concludeva l’articolo, avrebbe molte ragioni per essere soddisfatto.

Qualcosa di analogo mi è capitato l’estate scorsa quando mi sono provato a consigliare un libro “per le vacanze” alla mia nipote dodicenne. Andiamo sul sicuro, mi devo essere detto mentre le consegnavo l’Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson. Andavo sul sicuro forse per me, che ho letto Stevenson per tutta la vita e che considero l’Isola del Tesoro il più bel romanzo d’avventura mai scritto, ma ho spinto mia nipote per una via impervia, un acciottolato difficoltoso, un sentiero, per lei, da capre.


Disegno di Roberto Innocenti per l'Isola del Tesoro in preparazione da Prìncipi & Princípi

Dopo nove mesi, il tempo di una gestazione, il libro è ancora fermo intorno alla pagina cento: con fatica si è doppiato il ‘barile delle mele’ e si è sbarcati sull’isola, ma di quello che succede da qui in poi non c’è ancora notizia: l’ombra di Ben Gunn, i voltafaccia di John Silver e, soprattutto, il tesoro del pirata Flint sono ancora avvolti nelle speranze del futuro. Eppure la ragazza aveva ‘divorato’ la saga dei vampiri dolciastri di Twilight (quindi a giudicare dalle costole di quei tomi non doveva essere pregiudizialmente contraria alla lettura!) e si era mostrata attratta dall’Isola nella versione televisiva che in quei mesi andava passando sulle nostre reti. Ma in quella fiction il giovane Jim Hawkins ha quasi vent’anni e si innamora (sic) di una ragazza introdotta di soppiatto, e certo all’insaputa di Stevenson, nella storia. E la storia dei 'vampirini buoni' appena accennata altro non è che un adolescenziale e astuto melò

Il quadro è completo quando si aggiunge che l’unico testo non scolastico che entrambe le mie nipoti hanno letto con trasporto è stato il Romeo e Giulietta di Shakespeare, affrontato e conquistato, immagino, più per la sua allure romantica che per il suo valore letterario e poetico (e si può trovare conferma di questo ricordando che quando, ringalluzzito dal successo di quel primo Shakespeare, ho dato alla maggiore quello che, secondo me, era un testo altrettanto affascinante, la Tempesta, me lo sono visto restituire intonso, se così si può ancora dire.)

Cosa se ne può allora concludere, se conclusione deve esserci? Che ognuno deve attivare da solo un proprio percorso di lettura, o di non lettura; che il piacere della scoperta individuale non può essere sostituito dalla scelta arbitraria di un adulto; che ogni età e ogni epoca ha i suoi momenti di riconoscimento, i suoi ritmi e il suo immaginario che devono solo essere aiutati a svilupparsi e a crescere.
Questa storia ha insegnato, non so cosa a lei, ma a me un poco di umiltà. Con la speranza che un giorno, chissà dove, chissà quando, la ragazza ritrovi quel libro e decida di andare oltre la pagina cento, facendo sua finalmente, per scelta e non per bon ton familiare, la storia del pirata Long John Silver e dei suoi compagni alla ricerca di un vagheggiato, forse anacronistico per questi nostri tempi, tesoro nascosto.

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