lunedì 1 agosto 2011

Cappuccetto nelle periferie


Stanchi dei soliti aggeggi elettronici, dei giocattoli che si muovono e si trasformano, dell'usuale 'fuffa' che ingombra ormai in modo bulimicamente invadente le camerette dei nostri bambini non resta che rivolgersi alla buona, vecchia nonnina che ci possa raccontare una fiaba. Ma anche la nonnina è frutto dei tempi: è un ologramma minuscolo, una fatina virtuale che narrerà una storia molto conosciuta, Cappuccetto rosso, ma lo farà certo a modo suo. E se Gianni Rodari aveva raccontato Alice nelle figure, la nonnina di Roberto Innocenti ci reciterà un Cappuccetto nelle periferie, aggrappato tra terrazze di case popolari e bidonville, svincoli autostradali intasati, degrado urbano e rutilanti outdoors pubblicitari. Una visione macabra e realistica al tempo stesso, raggelante, dell'ambiente che Cappuccetto attraversa per giungere a "portare la stiacciata e il panetto di burro" alla nonna "incomodata".




Cappuccetto esce di casa e si trova immersa in una periferia senza nome, ingombra di tutti i segni e i simboli del consumo, dell'uso e dell'abuso. La pubblicità dipinge i muri, ogni centimetro quadrato rigurgita di immagini e colori anarchicamente postati. Tutto luccica in questa società, ma tutto è anche plumbeo e triste; il cielo è nero, opprimente, la strada umida e fangosa e la gioia apparente lascia il posto a quello spleen urbano, caoticamente deprimente, che accomuna tante periferie, da Roma a Londra a Rio de Janeiro, di questo mondo affannato e senza identità.



La periferia lascia mano e via libera al degrado. Cumuli di copertoni usati nel recinto dell'immancabile sfasciacarrozze, baracche di foratini e bandone addossate a capannoni industriali forse dismessi: tutto ci parla, mentre stoicamente Cappuccetto avanza verso la casa della nonna, di un ambiente senza speranza, senza sogni, arreso al proprio inarrestabile decadimento, risacca di un fiume urbano di avanzi e rifiuti che sembra non fare prigionieri.



Cappuccetto non può non fare incontri pericolosi e inquietanti in questo panorama di sfascio. I teppisti che la circondano, la tormentano e la sbeffeggiano vengono però messi in fuga da una sorta di Darth Vater di borgata, ambiguo e eccitante nella sua palandrana di pelle, con la motociclettona nera, rombante e potentissima, protesi simbolica della sua ostentata e ambigua virilità.
Cappuccetto sale in moto e si fa portare fino al raccordo, dove "il lupo" la lascia, e continua a piedi verso "la casa della nonna". 
Non ti fidare Cappuccetto "... perché dei lupi ce n'è dappertutto e di diverse specie, e i più pericolosi sono appunto quelli che hanno faccia di persone garbate e pieni di complimenti e di belle maniere. (Charles Perrault)"



E naturalmente il "lupo" precede la bambina e giunge prima di lei alla casa della nonna, una roulotte baraccata  priva di tutto ma provvista di antenna parabolica, dove passare forse le serate in compagnia di una soap opera o del Grande fratello.


Ci si avvia alla conclusione della fiaba e il lettore potrà scegliersi il proprio finale. La bambina e la nonna verranno 'digerite' dal "lupo cattivo" o saranno salvate dal "cacciatore", arrivato nei panni di una task force della polizia, con giornalisti, fotografi e telecamere al seguito? In questo caso (il finale dei Fratelli Grimm, caro a Bruno Bettelheim) si avrà il consueto Happy End. Nell'altro caso, quello di una fine amara e per nulla consolatoria (il finale di Charles Perrault e di Collodi), la storia della bambina dal cappuccetto rosso sarà una delle tante notizie di cronaca di questo mondo disperato e crudele.

Ci sono voluti più di due anni di lavoro a Roberto Innocenti per completare questa sua "fiaba" moderna. Una storia metropolitana gonfia di tutti i 'miti' della contemporaneità, vuoti, perlopiù, e spersonalizzanti.
Il libro sarà presentato alla Fiera di Francoforte, in ottobre, e verrà pubblicato, in data ancora da stabilire, da Creative Editions per l'edizione americana e, crediamo, dalla Margherita per l'Italia. Dopo la Casa del tempo un'altra opera di Innocenti che si pone nel quadro della presa di posizione politica e civile di cui il grande illustratore ha fatto la ragion d'essere più significativa della sua attività artistica.

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