venerdì 2 dicembre 2011

La città amica dei bambini

Anche su questo blog si è iniziato a parlare, negli ultimi tempi, del problema dell'archiviazione dei patrimoni di grafica e illustrazione che, molto spesso, per mancanza di attenzione pubblica, non trovano adeguata collocazione. Si ricorderà che abbiamo già accennato alla donazione di Letizia Galli al Centre de l'illustrations di Moulins, a quella degli eredi di Mario Mariotti al Museo Pecci di Prato e, proprio in questi giorni abbiamo riferito di un convegno che Apice, gli Archivi per la Parola dell'Università di Milano hanno dedicato a John Alcorn, il cui archivio di opere e progetti è andato recentemente ad arricchire quella collezione.


Nel 2009, per continuare nell'informativa, Andrea Rauch ha donato al Comune di Pistoia 266 opere tra acquarelli, disegni, schizzi, manifesti, disegnati e stampati tra il 1979 e il 2009 e riguardanti iniziative di quell'istituzione. La donazione si è arricchita con i disegni per due libri, Il principe ranocchio va in città e La vera storia di Riccioli d'oro e i tre orsi che, pur non essendo specificatamente realizzati per il Comune, si sono valsi di figurazioni e stilemi analoghi.
In occasione di questa donazione il Comune di Pistoia realizzò un volume che racchiude una parte significativa delle opere e che dà conto della complessità dell'operazione. Il volume, Immaginando, 1979-2009, Trent'anni per i bambini di Pistoia raccontati con il disegno, edito da Gli Ori, di grande formato, è introdotto da tre testi di Roberto Denti, Walter Fochesato e Antonio Faeti. Da quel volume è tratta anche la nota che segue e che ripercorre la storia e gli intenti di quell'esperienza grafica e didattica.


Una città da immaginare
 Andrea Rauch

La data d’inizio è il 5 aprile del 1979, quando, nella sala del Consiglio Comunale, fu presentata la Guida alla Città, il mio primo lavoro di grafico e illustratore per la città di Pistoia. Doveva essere un incarico professionale come un altro, un opuscolo molto illustrato ma, almeno nel ricordo, senza grandi pretese editoriali. Chi all’epoca mi commissionò quel lavoro, aveva però ben chiaro che per avere dei buoni cittadini era completamente necessario avere una particolare attenzione per coloro che cittadini già lo sono ma che lo diventeranno appieno crescendo: i bambini. Quindi la storia prese subito un’altra piega e mi trovai coinvolto in un “progetto” altrimenti complesso, nella definizione di annunci e manifesti per le attività delle scuole materne, delle scuole elementari e di quei laboratori, Pistoiaragazzi, che già allora erano in piena attività e si apprestavano a diventare un fiore all’occhiello dell’attività educativa di quella amministrazione.

Più di trent’anni dopo è abbastanza difficile dipanarsi tra le suggestioni, le sensazioni e gli stimoli che hanno determinato quelle progettazioni, tra quello che i miei disegni hanno dato ai bambini e quello che i disegni dei bambini, e l’attività degli operatori delle scuole e dei laboratori, hanno dato a me.
Probabilmente il contatto è avvenuto a mezza strada e se un “merito” posso attribuirmelo è stato quello di non parlare mai, con i disegni, un generico e stucchevole “bambinese”, ma di aver sempre cercato un linguaggio autonomo, magari gioioso e colorato, ma, credo, abbastanza incurante di ogni politically correct.
 Questo perché mi fu subito abbastanza chiaro che i bambini sono un soggetto che merita attenzione e rispetto e, sopratutto, che detesta, o dovrebbe detestare, il “birignao” e  il “puccipucci”.

Ho sempre cercato dunque, in questi anni, di parlare loro un “mio” linguaggio, che si andava formando e precisando nel contatto con quelle scuole e quei laboratori, ma che si definiva anche con le suggestioni che arrivavano dalla mia cultura storica, grafica e personale, specifica.



Poi, nell’arco dei trent’anni, il tempo è una variabile assoluta. Quello che andava bene nel 1979 solo pochi anni dopo sembra stantìo, usurato dai tempi, dalle tecnologie, dalle conoscenze nuove. Anche dagli stili grafici, naturalmente, e oggi, se dovessimo cominciar di nuovo quella strada, chissà da dove potremmo partire!?


Allora, nel 1979 si cominciò  quasi per caso da suggestioni teatrali (i clown, le maschere...) e fumettistiche (Charlie Brown, Paperino...). Ma naturalmente anche dalla consapevolezza della permanenza dei segni storici della città, della sua profondissima e radicata identità “simbolica”. L’orsacchiotto che invade la gran parte dei disegni deriva dal “micco” delle montagne, l’orso-impresa che sorregge lo scudo storico di Pistoia. Ed è ovviamente un continuo reiterarsi del gioco e dell’allusione, quasi una strizzatina d’occhio, accompagnarlo con la stessa scacchiera bianca e rossa (il segno araldico della città) che può diventare mantellina, coperta, fodera di poltrona, tovaglia. Un moderno oggetto transizionale.

 

L’orsacchiotto e il ‘bambino dalla testa tonda’ con il pagliaccetto colorato non sono però rimasti soli nei disegni. Hanno avuto compagni di strada che sono andati a definire un “bestiario” quasi compiuto (il gatto, il coniglio, il topo, la rana, la scimmia...) ma anche un “novellario” che comprende Cappuccetto rosso, Riccioli d’oro, Prezzemolina, il Principe Ranocchio, il Palazzo delle Scimmie.
Queste ultime narrazioni sono diventate libri o giochi e hanno dato il via ad altre esperienze e ad altre sperimentazioni. Poi, naturalmente, tutti i personaggi di questi disegni sono serviti per pannellature e sagome, arredi di varia natura, dai cuscini ai grandi puff, ai tappeti, che hanno rivestito le tante strutture educative della città di Pistoia e, con un progetto di segnaletica che si chiamò Pistoia amica dei bambini e dei ragazzi, anche la città stessa.


I disegni raccontano quindi, o meglio suggeriscono, la storia trentennale di un’esperienza che pone il disegno al suo centro, trasformandolo esso stesso in esperienza, riconducendo i personaggi, le storie, gli accenni, gli ammiccamenti, ad una matrice comune che i bambini di oggi possano riconoscere come propria, esattamente come la riconobbero i loro babbi e le loro mamme, nel 1979.


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