martedì 13 marzo 2012

Moebius, verso il vulcano

La scomparsa di Jean Giraud, Moebius, ha suscitato emozione e cordoglio in tutto il mondo dell'arte, che vedeva in lui un maestro straordinario e insostituibile. Cristina Taverna, amica ed editrice di Nuages, ci ha mandato un testo che aveva pubblicato, nel 1997, come prefazione della mostra italiana di Jean, Infinito.


Infinito Moebius
Cristina Taverna

Indossando una camicia arancione, calzoni corti blu, robuste scarpe sportive, calzini di cotone, un piccolo zaino sulla schiena e una canna di bambù tra le mani, Jean Giraud iniziava la salita allo Stromboli.
Proprio una settimana prima c'era stata una forte eruzione. Non se ne verificavano da anni di così violente.
Jean aveva dunque deciso di salire ai crateri; d'altra parte le guide continuavano a farlo dicendo che il tappo che si era formato negli ultimi anni era saltato e non c'era più alcun pericolo.
Jean era in compagnia di alcuni amici italiani. Zazà, la guida, aveva dato a tutti una canna di bambù, fatto alcune raccomandazioni e verificato che avessimo un maglione, acqua, torcia e qualcosa da mangiare.



Il sentiero saliva, nella prima parte, a tornanti tra canne e ginestre. Ad uno degli ultimi tornanti apparve la sciara, la via della lava.
La bellezza dell'isola si mostrava in tutto il suo contrasto di languori e durezze.
Tra le ultime ginestre, ormai sofferenti per la vicinanza del fuoco, la sciara svelava la ripida discesa al mare. Eravamo spaesati, perduti, la sciara morta impressiona, viva spaventa.
Unico rumore, nei momenti di calma, quello di qualche sasso espulso dai crateri che rotolava verso il mare.

Che cosa pensava Moebius? Che cosa vedeva?
Intanto continuavamo la salita, confortati dagli spicchi di limone offerti dalla guida, sudando, ansimando, dicendo forse troppe cose. Diversamente da noi, Jean taceva e continuava a salire leggero.
Arrivati finalmente alla cima, ci raccogliemmo a guardare il generoso spettacolo delle eruzioni.
Oramai nel buio, le esplosioni svelavano i misteri della terra. Eravamo emozionati, smarriti, spaventati. Finalmente tutti in silenzio, restammo a lungo ipnotizzati dai bagliori e dai rumori, dalla potenza del vulcano. Solo Jean appariva tranquillo, a suo agio.
Più tardi, per la discesa, la guida ci diede una mascherina bianca di protezione. Scendevamo rimbalzando nella sabbia, respirandola. A destra intuivamo il vuoto, profondo come il nulla, fortunatamente nascosto dal buio.
Brillavano solo le torce e le stelle. E i nostri occhi, che in quel momento erano simili a quelli di Jean, avevano la stessa luce.

Che cosa pensava Moebius ? Che cosa vedeva?
Moebius vedeva ciò che vede tutti i giorni, perché vive nel cielo con i pianeti e le stelle. Jean aveva appena ritrovato il suo altro mondo.


1 commento:

  1. Voglio condividere l'emozione che mi ha suscitato questo scritto e insieme un ricordo: Anch'io sono salito sul vulcano con la guida Zazà. Arrivati in cima siamo rimasti seduti rivolti verso i crateri e una grande luna piena sopra la testa. Intorno si apriva un paesaggio tale da farmi pensare con meraviglia di essere dentro ad un disegno di Moebius. Lo ricordo bene, pensai proprio questo.

    RispondiElimina