mercoledì 9 maggio 2012

Sotto le copertine


Una nuova mostra di Guido Scarabottolo è un avvenimento sempre da festeggiare. Non solo per lo qualità dei disegni ma anche, e forse sopratutto, per le idee e l'intelligenza che Guido mette sempre nella scelta e nella presentazione delle sue opere. Così questa Sotto le copertine, che si inaugura martedi 15 maggio a Parma, nella Galleria San Ludovico, e che sarà visitabile fino al 10 Giugno, non fa certo eccezione.


La mostra prende spunto e occasione dagli ottant'anni dell'editore Guanda e Guido Scarabottolo coglie al balzo la palla per comporre un discorso, ironicamente complessivo, sul libro, sulla copertina, sulla grafica editoriale, sul lavoro redazionale ecc. Una specie di summa della 'cucina' del libro. Naturalmente saranno in mostra i disegni per le copertine Guanda e per gli altri editori con cui Scarabottolo ha recentemente collaborato. La mostra è curata dall'associazione Tapirulan e il bel catalogo è impaginato da Fabio Toninelli.

Riportiamo di seguito stralci dall'introduzione e alcune delle schede di presentazione delle opere.


Chi c'è sotto la coperta?
Guido Scarabottolo

Sotto le copertine di solito c’è il libro, ed è quello che davvero conta. Le sue pagine, quello che c’è scritto. Ma pare che nel tempo, fino ad arrivare a questi anni, l’aspetto della copertina abbia preso un’importanza sempre maggiore. E questo non sembra uno sviluppo naturale. Ricorda più quelle stranezze dell’evoluzione per cui, ad esempio, ci sono certi uccelli che non possono volare, che sarebbe la caratteristica principale degli uccelli, per via dell’ingombro eccessivo del loro piumaggio decorativo. Negli uccelli la cosa avviene a scopo riproduttivo. Nei libri forse anche. L’ambiente economico che richiede un adattamento del genere non è certo un dato assoluto, ma è quello in cui ci siamo cacciati. Poi le tecnologie della interazione fra umani stanno rapidamente cambiando. La scrittura, che è stata a fondamento di molte delle civiltà che abbiamo conosciuto, magari per averne letto, si vede affiancare da una cultura orale/visiva (televisione, telefoni, se si possono ancora chiamare così, tablet...) sempre più aggressiva. E il libro cerca forse di reagire ai cambiamenti.


Sotto questa copertina, invece, ci sono altre copertine. Quelle (non tutte, certo) che da dieci anni, quasi quotidianamente, mi trovo a fare. Non so come ci sono arrivato. Io disegno. Per me la cosa parte da qui. Disegno nonostante i miei studi (che, ironia della sorte, sono culminati in una laurea in pianificazione territoriale): non avevo pianificato di disegnare e tanto meno di disegnare copertine di libri. Il disegno è una disciplina strana. Ha poco a che fare con il controllo, a parte quello della mano. Ha molto a che fare, invece, con un allenamento all’ascolto, all’osservazione. Si disegna per capire, dopo si può disegnare per spiegare o raccontare. Quando si disegna, l’attenzione non è solo rivolta all’oggetto che si vuol riprodurre, ma anche agli strumenti che si usano, ai gesti che si fanno, alle intenzioni che si cerca di mettere in atto e al “caso”, che regola i rapporti tra tutto ciò. Si dice, infatti, che i disegni “vengono” o “non vengono”.

Si disegnano cose, persone, paesaggi, ma si disegnano nel medesimo tempo anche modi di disegnare. Ogni volta si disegnano disegni. «Ceci n’est pas une pipe» diceva Magritte. Si dice che un pittore dipinge sempre lo stesso quadro. Potrebbe essere. So bene quante infinite volte si vorrebbe rifare un disegno, ogni volta un piccolo aggiustamento, lo spostamento millimetrico di un tratto, una microscopica variazione dello spessore di un segno, o un radicale stravolgimento del punto di vista, un violento indurimento della pennellata... Credo però sia più vero in un senso diverso. Provate a immaginare un pittore che durante la sua vita fa un solo grande disegno, composto da tutti i disegni che ha, quotidianamente, fatto. Ecco sempre lo stesso disegno. Per me fare copertine forse è stato, ed è, questo. (...)



Gabbia

L’ambito (lo spazio fisico e l’insieme delle regole grafiche) 
all’interno del quale chi progetta la copertina di un libro 
si può liberamente muovere si chiama gabbia. 
Come tutti coloro che aspirano alla libertà, 
anche i grafici non vedono l’ora di disegnare
personalmente la propria gabbia.



Ruoli

Mi trovo quasi sempre a coprire due ruoli all’interno del processo
di produzione di una copertina: sono l’art-director e l’illustratore.
Devo dire che mi trovo molto bene: come illustratore sono in grado
di interpretare perfettamente le intenzioni dell’art-director, 
e come art-director so che posso fidarmi ciecamente 
dell’illustratore che ho scelto. 



Piacere

Una copertina deve piacere: all’art-director (se c’è), 
al direttore editoriale, all’autore, all’agente dell’autore, 
(molto probabilmente anche al partner dell’autore), 
al marketing, all’editore, al distributore
(e agli agenti del distributore), ai librai. 
È utile poi che piaccia anche alle relazioni pubbliche,
alla redazione, ai tecnici coinvolti (ufficio tecnico, fotolitisti, tipografi).
E dopo tutto è bene che piaccia anche al lettore. 



Tempi

Tra la riunione di redazione in cui mi vengono passate le informazioni
relative a una dozzina di copertine e la consegna delle copertine
approvate passano 15/20 giorni, il che forse può spiegare il fatto 
che non è possibile leggere il libro prima (ammesso che il libro 
sia stato scritto). Quindi si lavora sul mood di un autore, 
ricavato da letture precedenti, su un titolo (che forse cambierà), 
su riassunti stilati dai lettori o sulle sintesi della redattrice
(ma ci sono i redattori?). Se poi si tratta dell’edizione italiana 
di un libro già uscito all’estero, è tutto più facile. 
Nei sei mesi che intercorrono tra la realizzazione della copertina
(che sarà presentata ai librai) e l’uscita del libro, ci sarà poi modo
di aggiustare, modificare, correggere, cambiare...

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