domenica 14 ottobre 2012

In nome della legge

Noi, in senso largo, ci occupiamo di bambini e ragazzi: di libri per ragazzi, di biblioteche per ragazzi, di librerie dedicate, di didattica, di laboratori e festival. Ci occupiamo di immaginario infantile, di figure colorate, delle felicità, delle perplessità, delle paure e delle angosce. Di tutto un po'. Di un caso come quello di Cittadella, però, non credevamo che ci saremmo mai dovuti interessare perché, semplicemente, non avremmo mai pensato che sarebbe potuto accadere.



Al di qua di ogni immaginazione
Alessandro Savorelli

Il caso del bambino trascinato come una preda davanti alla sua scuola (in realtà davanti a tutti: perché è più difficile oggi nascondere le vergogne di stato), per eseguire una sentenza «inevitabile», dice il tribunale dei minori, è un puzzle di pezzi sbagliati che non combaciano, stride di giunture mal oliate, emana il disgusto di una mensa di caserma.

Disgusto e sgomento dalle immagini. Senso di rivolta dalle dichiarazioni di tutti i protagonisti, non paghi evidentemente dell'accaduto. Alcune ipocrite (un magistrato: «la situazione ci è sfuggita di mano»), altre di atavica idiozia (una poliziotta ai parenti del bambino: «io sono un ispettore di polizia, voi non siete niente»), ora impudenti (il questore: «il comportamento dei miei uomini è stato cristallino»), ora inverosimili, da arringa di quartordine (il padre, avvocato: «se fosse stato sequestrato e la polizia l'avesse salvato, chi avrebbe il coraggio di protestare?»), altre nemmeno all'altezza della tecnica del comunicato stampa (il Viminale: «comportamento inadeguato ad un contesto ambientale difficile e ostile che avrebbe potuto suggerire altre modalità operative»). Dal tribunale dei minori, che si suppone per definizione luogo di sensibilità 'altra' rispetto alla giustizia comune, dove non tintinnano le manette, solo goffe frasi smozzicate. Nessuna giustificazione regge di fronte alle parole delle madri di Cittadella, che sono molto semplici e cristalline, benché possano sembrare dettate da empatia ed emotività: «quella cosa non si doveva fare, o non si doveva fare così».

Vedendo il filmato molti abbiamo pensato: l'episodio è "al di là di ogni immaginazione". Ma poi, a pensarci, no. "Al di là di ogni immaginazione" è la storia della caserma Diaz, il caporale che tortura i prigionieri con la corrente elettrica, le aberrazioni di Guantanamo, le manganellate in piazza in a pacifici manifestanti, le efferatezze di un maniaco, l'assessore che buca le gomme di un disabile, il ragazzo che investe e ammazza il vigile che gli fa la multa, il poliziotto che 'giustizia' tifosi un po' troppo caldi in un parcheggio. Sono episodi "al di là di ogni immaginazione" perché esito di situazioni diverse ma a loro modo "estreme": per le quali, tuttavia, si stenta, in omaggio al buon senso, a "immaginare" un epilogo altrettanto estremo, subalterno e risucchiato nella loro logica estrema.

No. Il nostro caso è tutt'altro: è "al di qua di ogni immaginazione".
Non è vero che «la situazione è sfuggita di mano». Sfugge di mano una situazione imprevedibile, non una situazione prevedibile. Così prevedibile che già in due casi gli agenti, i funzionari del tribunale e gli assistenti sociali che erano andati a casa della madre a prelevare il bambino, si erano arresi quando lui si era nascosto sotto il letto, aggrappato alle sue zampe. «Non è il nostro mestiere», avevano detto allora i poliziotti e i carabinieri, «non ci sembra il caso».
È parso il caso invece agli zelanti esecutori della legge, forse offesi dalla deminutio che veniva al loro rango, alla loro professionalità, alla maestà della legge: ai "tecnici" (?), agli operatori sociali (?) e a un drappello di forze dell'ordine (di cui due donne!), forse tenuto di riserva per le situazioni "estreme".

Da qui la decisione dello studiato colpo di mano, come in un normale pomeriggio di un giorno da cani: un agguato in territorio non difendibile (la scuola), dove il ragazzino non può aggrapparsi ai suoi mobili e all'orsetto. Lo sgombero preventivo degli altri bambini che escono prima della campanella, un territorio 'bonificato', ma non del tutto invero, perché il medico De Nicola, psichiatra e perito (?) del tribunale, metteva in guardia dalle «ronde» (così ha detto) costituite dal nonno e dalla zia: ronde, forse Banditen, visto che poi verranno regolarmente denunciati. Un commando deciso a tutto, un assistente sociale alla Callaghan e persino uno dei diretti interessati, il padre, che dirige in maniera più o meno palese (configurando una strana sovrapposizione fra giustizia e vendetta privata) le «modalità operative» del blitz, agguantando il ragazzo, mentre i "tecnici" lo ficcano in auto come una valigia. La situazione non pare proprio «sfuggita di mano»: pare invece del tutto sotto controllo, come da istruzioni.

 "Al di qua di ogni immaginazione" che il commando (duri? addestrati appositamente? con regole d'ingaggio del genere dead or alive?) non abbia detto come i due commando precedenti (mollaccioni? inadeguati? inclini al compromesso? pavidi? da retrocedere a controllo del traffico?): «Non ci sembra il caso».

Lo sgomento che si prova, nemmeno l'inchiesta del ministero e l'identificazione di responsabilità riuscirà a cancellare o riparare. E certo non riparerà i danni al bambino. E neanche l'oltraggio a tutti noi, alla società civile, all'opinione pubblica. Né quelli all'immagine già più volte offuscata della giustizia di questo paese, poiché il premeditato agguato di Cittadella sbrana e brucia, in un lampo di barbarie ritornata e spensierata, decenni di crescita della coscienza dei diritti, decenni di pedagogia e psicologia, decenni di riforme giuridiche e scolastiche, decenni di mutamento della sensibilità collettiva; rafforza la sensazione che le istituzioni vivano in un mondo parallelo al nostro, incomunicante. Chi pagherà per tutto ciò? Basterà al ministero archiviare senza troppo frastuono la denuncia contro il nonno e la zia? Bastano le scuse del capo della polizia?
Come ha detto la poliziotta: «Voi non siete niente». Noi, i deboli, i sudditi, nessuno. Tanto nessuno, che si può ricordarcelo cinicamente anche attraverso una violenza morale, fisica e psichica a un ragazzino di 10 anni. Un pretesto "al di qua di ogni immaginazione", anche quella misera del più stupido e stereotipo film americano di poliziotti stereotipi e stupidi.



Nessun commento:

Posta un commento