mercoledì 7 novembre 2012

La Croce di Santa Croce

Mimmo PaladinoLa Croce di Piazza Santa Croce, a cura di Pino Brugellis e Sergio Risaliti, nel quadro di Florens 2012, Firenze 3-11 novembre 2012.


La Croce di Mimmo Paladino andrebbe vista dall'alto per poterne abbracciare la complessa semplicità del disegno e la forza del simbolo. Da terra i punti di vista si frantumano. Non si riesce a prendere con lo sguardo il disegno complessivo e ci si deve limitare alla ricerca dei punti di vista particolari, degli scorci narrativi, delle emozioni frantumate. Si perderà dunque la simbologia della Croce, ma si ritroveranno le molte altre simbologie che quella croce formano; simboli vicini alla terra, che profumano di terra e di pietra, di cultura arcaica e contadina. 
Quella della croce apotropaica di Mimmo Paladino è una simbologia misterica e materiale come una zolla del sud. Si riveste di tutti gli archetipi che il grande artista ha scavato dentro di sé, e a questi si avvolge come in un bozzolo familiare e consueto.



Mimmo Paladino abita costantemente il mito e anche quest'opera, certo tra le sue più grandi e impegnative, continua a raccontare le storie di quel mito. Anche se l'ispirazione vuol essere dichiaratamente cristiana, in questo grandioso fatto 'gestuale', che incide il terreno di una delle piazze più famose di Firenze, noi sentiamo ancora gli echi laici e pagani che da sempre caratterizzano l'opera del grande artista: riconosciamo figure consuete, cerchiamo assonanze significative, riandiamo con la memoria alle leggende precristiane e al Rinascimento fiorentino (il poliedro di Luca Pacioli), ci interroghiamo sul mistero inquieto che permea il grande anello di bronzo, finestra aperta su altri mondi, non sempre sicuramente certi o individuati. Poi da quei blocchi di marmo, quasi ciottoli poggiati in terra da mani di gigante, germogliano corpi di bronzo, lacerti di realtà minima, che potrebbero alloggiare a pieno titolo in un museo di cultura materiale o ricordare - come già è stato detto altrove - quelle tragiche cataste di reperti che rendono ancor più drammatica la memoria della modernità, degli orrori di Auschwitz, ad esempio, o quella degli altri campi di sterminio.




 La Croce di Mimmo Paladino è questo, e molto di più. È simbolo cristiano e pagano quindi, sussurrato e gridato, intimista e collettivo. La memoria dell'artista, le continue assonanze, i rimandi che ci sembrano naturalmente inevitabili, raccontano tante storie che vanno a fondersi nell'unica grande storia che di tutte quelle storie particolari è la somma e la sintesi.




Seduta sul masso una donna prende un po' del raro sole di questo novembre. Poco lontano un bambino si arrampica, un altro sta in posa tra l'anello e la chiesa. La Croce si offre anche a questo: ad un uso domestico e personale, disinvolto o giocoso. Nella grandezza un po' arcigna di Santa Croce, con il monumento a Dante che ci guarda severo, l'installazione simbolo-giocattolo di Paladino si riappropria di un spazio scontroso e ne consente anche a noi un uso diverso, meno paludato e austero.







Leggiamo che alcuni dei blocchi di marmo che compongono la struttura dell'installazione pesano fino a quaranta tonnellate e ci si stupisce che un'opera così incombente e densa sia stata progettata per restare in loco fino all'11 novembre, poco più di una settimana. Si spera e si crede che vi sarà una proroga.

Noi avevamo altra volta sperato in una colletta che facesse restare in città un'opera dell'artista campano, destinata anch'essa ad un'apparizione effimera. Non riusciamo a sperare, adesso, che la piazza resti occupata per sempre, ma una settimana è poco, troppo poco. Anche il digerire e godere della simbologia ha i suoi tempi, che devono essere valutati e rispettati.


1 commento:

  1. ecco, svegliarsi con il sole in una fredda mattina di Novembre e con le immagini e le parole, altrettanto dense di rimandi, su questa croce, tutto questo mi scalda e mi rende fiducioso sulle ore che hanno da venire e le tante cose da fare. Così mi appoggio al simbolo di una cristianità popolare, di base e a tutti i segni che l'uomo ha apposto sul mondo per significarlo e per dare un senso all'inconoscibile. E allora, sentendo i legami che dalle nostre madri, padri, vanno diretti agli avi nomadi e raccoglitori ci si sente meno soli. E mi preparo a raccogliere, ricombinare e ricomporre, dal grande serbatoio dell'immaginario umano, tenendo come faro, tra gli altri, l'esempio del grande Paladino. E grazie per il post, davvero un peccato che la croce non resti in piazza ancora a lungo.

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