domenica 9 dicembre 2012

Il bullo ti aspetta fuori...





Lo avevamo annunciato per la scorsa primavera ma esce soltanto ora (in libreria dal 6 dicembre) il libro scritto e disegnato da Conc, È finita la scuola, libro gioco che interseca cinquanta storie di bambini in un'ultima, ipotetica, settimana di lezioni. Ne abbiamo già parlato quando lo avevamo annunciato (avevamo gridato al lupo al lupo...): storie comuni e straordinarie, quotidiane e universali che devono essere investigate e ricostruite da chi ha il libro tra le mani.



Nel tempo però, in questo caso galantuomo, il progetto di Conc si è andato precisando e, insieme al gioco, è emerso un substrato diverso che ha reso il libro non solo un divertissement ma una  ricognizione sul fenomeno del bullismo.
La psicoterapeuta Maria Alberta Rotteglia ha scritto così un testo che l'autore ha voluto inserire a prefazione del volume.


Del bullismo
Maria Alberta Rotteglia
Psicoterapeuta

È un fenomeno che si manifesta in età scolare, si esprime con un comportamento violento, sadico, volto
ad umiliare la vittima, che può sconfinare in violenza fisica. Non lo si deve scambiare con il semplice dispetto o scherzo, più o meno pesante, che tutti i bambini sono abituati a fare o ricevere, né lo si deve attribuire ad un particolare ambiente o classe sociale. Il furto di soldi, l’impossessarsi di oggetti, la prevaricazione, la denigrazione con soprannomi ingiuriosi è protratta nei confronti dello stesso bambino, cogliendolo quando meno può difendersi (ritorno a casa) o di fronte ad altri piccoli spettatori che solitamente non reagiscono per timore. Il bullo usa la violenza fisica come minaccia e ciò gli consente di agire impunemente tra i coetanei, è molto attento invece a non farsi intercettare da
insegnanti e genitori.



La vittima solitamente è un bambino fisicamente piccolo e gracile facile da sopraffare, spesso riservato e
sensibile ma soprattutto che tende a non reagire per paura di farsi male, e in fondo è proprio tale pavidità che lo candida a diventare il “bersaglio” del bullo. Oltre a queste vittime passive ci sono anche quelle che sembrano provocare un po’ l’aggressività degli altri; sono bambini irrequieti che si comportano in modo irritante, impulsivo, reattivo.Tuttavia la loro è una risposta poco efficace e i compagni più determinati, prepotenti, e più grandi fisicamente, hanno buon gioco.
Il bullo ha attorno a sé pochi gregari ma la vittima solitamente non gode maggiore stima: anche lui è
un bambino isolato, poiché i compagni ne colgono la scarsa iniziativa, la remissività, l’incapacità di reagire alle provocazioni.



Spesso dietro a questi atteggiamenti ci sono genitori eccessivamente protettivi che, con il loro intervento e la loro apprensione, lo riempiono di paure nella valutazione delle sue reali capacità. Contrariamente a quanto si pensa i bulli non nascondono la propria insicurezza con il loro comportamento violento; essi semplicemente non colgono le emozioni degli altri, sono poco empatici, privi di senso di colpa, e per questo risultano incapaci di costruire relazioni positive. Non sono stati educati a farlo, è il genitore che insegna le emozioni e il controllo delle stesse, soprattutto dell’aggressività che deve invece essere incanalata verso mete e attività.

Anche il comportamento opposto, ossia il reprimere eccessivamente, lo sgridare con violenza da parte di un genitore ugualmente impulsivo potenzia un’attitudine all’aggressività.
Il bullismo non è solo maschile, anche le bambine possono essere vittime di vessazioni da parte di compagne. Esse tuttavia non agiscono attraverso la forza fisica (non se ne escludono dei casi) ma con la maldicenza e la calunnia che hanno per obiettivo l’isolamento e l’esclusione dal gruppo.


ConcÈ finita la scuola, Prìncipi & Princìpi, pagg. 32, euro 14.

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