domenica 3 febbraio 2013

Burlamacco, l'ultima maschera

Burlamacco, generalmente considerata l’ultima maschera italiana (che però più propriamente e modernamente potremmo definire solo come ‘logo’ del Carnevale di Viareggio), è al di dentro e al di fuori dello schema che abbiamo delineato in un post precedente. Innanzitutto perché il Carnevale moderno (quello di Viareggio fu ideato come sfilata di carrozze agghindate dai giovanotti della buona borghesia nel 1873) ha dimenticato molte delle sue motivazioni originarie, poi perché Burlamacco non nasce dall’accumulo, variazione e sublimazione di elementi popolari e tradizionali, ma ha una storia, un anno di nascita e un autore: 1931, Uberto Bonetti. E il suo modo di essere non si definisce per un carattere o un comportamento, ma per un segno grafico.

Uberto Bonetti, manifesto, 1933

Burlamacco viene disegnato da Bonetti come elemento grafico pubblicitario, si muove geometrico sulla scia del secondo futurismo dei pupazzetti di Depero, la sua costruzione grafica è fatta di linee e cerchi. Il colore è definito e rimanda alle losanghe di Arlecchino, qui esclusivamente rosse, il mantello e il cappello sono come quelli del Dottor Balanzone: una maschera di sintesi, si potrebbe dire.

Burlamacco (anche il nome sembra rimandare a una preesistenza, a quel Buffalmacco pittore amico del Calandrino boccaccesco, ma anche alla famiglia lucchese dei Burlamacchi) mal tollera anche il movimento, che tende a turbare il suo definito ordine geometrico (e infatti Bonetti fu sempre insoddisfatto delle costruzioni tridimensionali del personaggio). Inoltre non si conosce una mitologia di Burlamacco che ne definisca il carattere. Una maschera atipica, dunque, figlia di un tempo moderno, compagno appena appena più caricaturale della sua alter ego, Ondina, la bagnante castamente discinta che lo aveva accompagnato, con leggiadre forme decò, nel primo manifesto del 1931 e, poi, lungo i suoi primi anni di vita.

Burlamacco sul lungomare di Viareggio

Uberto Bonetti, che si era misurato con il secondo futurismo, rimase invischiato in Burlamacco e dovette inseguirlo lungo tutta la sua vita professionale. Tentò di tradirlo, a volte, 'dimenticando' di inserirlo in molti dei manifesti carnevaleschi che disegnò per Viareggio, ma dovette comunque arrendersi al successo grande della sua creatura che, pur senza una personalità e un canovaccio definiti, rigidamente intirizzita nelle sue forme geometriche, aveva dimostrato, anno dopo anno, sfilata dopo sfilata, una vita e una vitalità sorprendentemente propria.

Lorenzo Mattotti, manifesto, 2001
Andrea Rauch, manifesto, 2009 (non realizzato)

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